Lavoro migrante e sindacalizzazione: un’indagine sulla Basilicata.
Il quadro italiano: tra nuove migrazioni e crisi economica.
La stretta identificazione tra immigrato e lavoratore – che per anni ha rappresentato il nucleo del quadro legislativo italiano in tema di immigrazione[1] e il principale tema delle analisi di natura economica e sociale sull’argomento – è soggetta ad un progressivo e rapido allentamento. Gli ultimi dati disponibili dimostrano come dal 2007 al 2012, in Italia, il numero di permessi di soggiorno per motivi di lavoro si è praticamente dimezzato, passando da 150.098 a 70.892, mentre si registra un contemporaneo incremento del numero di permessi per ricongiungimento familiare, che passano da 86.468 a 116.891[2]. Questo ridimensionamento del lavoro come fattore di spinta dai paesi poveri verso le economie più avanzate del mondo, o come fattore di attrazione, se si capovolge l’angolo di osservazione, è indicativo dei cambiamenti in atto nei processi migratori. Se da un lato, infatti, l’aumento di richieste di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare è sintomatico di un quadro nazionale che vede rafforzarsi il radicamento dei primi migranti economici, che hanno svolto il ruolo di apripista per le proprie famiglie[3], dall’altro, allargando lo sguardo, i dati a livello mondiale ci dicono che il numero di persone che migra per sfuggire a guerre, epidemie o calamità naturali è in forte aumento[4]. Il lavoro da cuore del singolo progetto migratorio, diviene, in questi ultimi casi, semplice strumento per una sua buona riuscita.
Nonostante i cambiamenti in atto, il lavoro rimane, però, un fattore fondamentale nel processo di acquisizione della cittadinanza sociale. Piero Soldini, nell’ultimo rapporto dell’Ifs Ires Cgil su Immigrazione e Sindacato, sottolinea come la crisi economica che ha travolto le principali economie occidentali, mette a rischio i processi di integrazione: gli immigrati, se hanno meno lavoro e meno reddito, non possono che investire meno anche per la loro integrazione[5]. Le recenti ricerche dell’Ires Cgil sul mercato del lavoro in questa fase di crisi economica fotografano una situazione nella quale i principali costi della crisi vengono scaricati sulle fasce di lavoratori più deboli e in questo quadro sono proprio gli immigrati a rappresentare un segmento dell’offerta di lavoro estremamente debole e ricattabile[6]. Galossi e Ferrucci evidenziano come a causa di una normativa sull’immigrazione iniqua e obsoleta, un mercato del lavoro sempre più segmentato e precario, una concentrazione dei lavoratori immigrati nei settori produttivi a basso valore aggiunto e una forte differenza in termini retributivi[7], la condizione economica e sociale degli immigrati in Italia sia in netto peggioramento, con il rischio – amplificato da una serie di fattori, tra cui la difficoltà di accesso al welfare- che molti scivolino nella condizione di working poor. Tutto questo si consuma in uno scenario demografico, che secondo le previsioni del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nei prossimi dieci anni sarà caratterizzato (ad eccezione dell’area del Mezzogiorno) da un aumento del fabbisogno di manodopera immigrata[8].
La Basilicata
Anche la Basilicata, come il resto della penisola, si caratterizza sempre di più come territorio d’immigrazione, d’emigrazione e di transito allo stesso tempo[9]. A partire dal 2000 la regione ha conosciuto una crescita costante della popolazione immigrata. Dal 2002 al 2010 il numero residenti stranieri è in Basilicata è quadruplicato, mentre negli ultimi anni la popolazione immigrata è passata dai 12.992 residenti dell’inizio del 2010 ai 16.968 del 2013[10]. Parallelamente nella regione si è registrato un calo demografico della popolazione residente, imputabile al calo delle nascite e all’emigrazione dei giovani lucani, solo parzialmente compensato dalla crescita della popolazione immigrata.
Riproducendo le tendenze che si registrano a livello nazionale, anche in Basilicata sono le collettività storiche di stranieri che contano numeri più alti: i romeni rappresentano la collettività più numerosa, seguiti da albanesi e marocchini[11].
In entrambe le province il motivo principale per il rilascio del permesso di soggiorno resta il lavoro, seguito dal ricongiungimento familiare. Come riportato nell’ultimo rapporto del Ministero del Lavoro i permessi di soggiorno per motivi lavorativi sono il 56% del totale dei permessi in provincia di Potenza e il 48,6 in provincia di Matera, contro rispettivamente il 35,1% e 37,2% dei permessi rilasciati per ricongiungimento familiare[12].
Sotto il profilo dell’integrazione degli immigrati nel tessuto sociale ed economico regionale è opportuno evidenziare il quadro negativo che viene fuori dall’ultimo rapporto Cnel sugli indici di integrazione degli immigrati. Ad eccezione dell’indicatore di competenza linguistica (basato sul presupposto che la conoscenza della lingua italiana faciliti il processo di integrazione) che colloca la Basilicata nella posizione di regione più virtuosa, tutti gli altri indicatori relegano la nostra regione nella parte inferiore della classifica, nelle fasce di intensità bassa o minima. In particolare è interessante notare come rispetto al potenziale di integrazione, che vuole essere una sintesi dei diversi indicatori di integrazione, la Basilicata risulti tra le regioni con il più basso potenziale, superiore solo alla Puglia e alla Calabria. Sembra non valere, quindi, per la nostra regione la rilevazione che l’integrazione è favorita in territori a bassa complessità sociale e a bassa intensità demografica, lontani dalle realtà metropolitane e dove è più facile avere rapporti sociali diretti[13].
Ribadendo che il lavoro gioca un ruolo di primordine nei processi di integrazione, una lente di ingrandimento sul mercato del lavoro in Basilicata può essere utile a cogliere le dinamiche e le tendenze che caratterizzano il rapporto tra economia locale e migrazione. Superando la freddezza degli indicatori, si intende, inoltre, restituire l’immagine di un sindacato che rappresenta un attore fondamentale nel meccanismo di “cittadinizzazione” dell’immigrato[14], ricostruendo l’impegno della Cgil Basilicata e in particolare di alcune categorie come la Flai e la Fillea sul difficile terreno della tutela dei diritti dei migranti.
[2] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Quarto rapporto annuale, Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia, a cura della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, 2014, pp.45-46.
[3] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, D.G dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, Indici di integrazione degli immigrati in Italia, IX Rapporto, p.77.
[4] Population Facts n. 2/2013, September 2013, The number of international migrants worldwilde reaches 232 millions,
[5] Piero Soldini, L’immigrazione tra crisi e «debolezza» normativa. Quali strategie per l’agenda politica in Immigrazione e Sindacato. Lavoro, cittadinanza e rappresentanza. VII Rapporto, a cura di F. Carrere e E. Galossi, Eddiese, Roma, 2014, pp. 63-64.
[6] Si veda: G.Ferrucci, E. Galossi, Il mercato del lavoro immigrato negli anni della crisi, in Immigrazione e Sindacato. Lavoro, cittadinanza e rappresentanza. VII Rapporto, cit., pp. 27-55; G. Ferrucci, Gli effetti della crisi sul lavoro in Italia, Working paper, www.ires.it, 2012.
[7] Secondo le elaborazioni Ires su dati Rcfl Istat nel primo semestre del 2012 la differenza tra la retribuzione media di un dipendente immigrato e quella di un dipendente italiano è complessivamente -344 euro.
[8] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, D.G dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, Indici di integrazione degli immigrati in Italia, IX Rapporto, pp.162-169. E’ necessario specificare che si tratta della proiezione che ipotizza un naturale evoluzione della popolazione e crescita dell’economia verso livelli potenziali.
[10] Rapporti caritas migrantes.
[12] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Quarto rapporto annuale, Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia, a cura della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, cit., pp. 43-44.
[14] S. Allievi, Immigrazione e sindacato: un rapporto incompiuto, in “Sociologia del lavoro”, n. 64, 1996, pp. 153-169.