NOTA IRES-CGIL: IMMIGRAZIONE E DISEGNO DI LEGGE REGIONALE SULL’ACCOGLIENZA
Anticipando di qualche settimana la dettagliata fotografia che l’IRES-CGIL Basilicata renderà pubblica e relativa alla popolazione straniera presente nei confini regionali, si ritiene opportuna una prima formulazione di considerazioni e spunti in vista, altresì, dell’imminente passaggio consiliare del Disegno di Legge regionale dal titolo “Norme per l’accoglienza, la tutela e l’integrazione dei cittadini stranieri migranti e dei rifugiati, degli apolidi, dei rom, dei sinti e dei camminanti”.
La crescente attenzione sul tema migrazioni, le ormai periodiche tragedie nel Mediterraneo, la complessità di un mondo in cui aumentano i teatri di guerra, impongono una riflessione approfondita sugli ineluttabili cambiamenti che vive una terra di transito, di immigrazione e di emigrazione come la Basilicata.
Secondo i dati forniti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, a far corso dal 2013 è in diminuzione il flusso di migranti economici (a causa forse della crisi economica che coinvolge i Paesi più sviluppati) ma è in forte aumento il numero dei profughi e dei richiedenti asilo, che sfuggono dai conflitti interni di molti Paesi (Siria, Mali, Sudan, Congo, etc etc). Siamo inoltre di fronte ad un fenomeno di graduale femminilizzazione delle migrazioni economiche, spinto da un processo di emancipazione-indipendenza di grandi masse femminili e da una crescente domanda di lavoro domestico, di cura e di assistenza familiare e sanitaria in società che invecchiano demograficamente. L’Onu, ancora, in uno studio del Dipartimento Affari Sociali ed Economici parla di un processo di “Migration Replacement”, riferendo scenari di profondissime mutazioni sociali, nelle dinamiche di società più giovani, quale quella africana, e di una curva demografica di segno opposto per quanto riguarda l’Europa ed il resto dei Paesi di primo sviluppo.
La definizione teorica di una “terra dell’accoglienza” va supportata da una specifica legge regionale, considerato che il fenomeno migratorio non assume più connotati episodici ma bensì sistemici e continuativi. Le due proposte approdate in Commissione, di cui una formulata dalla Provincia in seguito all’Emergenza Africa, proiettano il legislatore regionale in una dimensione più avanzata, superando l’impianto ormai datato della precedente legge del ’96 che prevedeva una commissione regionale immigrazione incardinata nell’attività istituzionale della Commissione Lucani all’Estero.
Dato il contesto quel che si pone al legislatore ed agli attori sociali coinvolti è un vero e proprio salto culturale epocale. Ciò che si pone è una acquisitiva dinamica della cittadinanza, di persone, donne, uomini e bambini, che in molte circostanze svolgono ormai nelle nostre comunità prestazioni di cura, lavori in agricoltura e nell’edilizia. L’Italia risulta essere ancora uno dei Paesi in cui è più difficile per gli stranieri diventare cittadini, oltre a “produrre” stranieri made in Italy, laddove circa un milione di minori figli di immigrati sono stranieri poiché la nostra legislazione non contempla lo ius soli.
In questa circostanza storica non è pensabile affrontare la questione in termini di mera emergenza, bisogna evitare l’improvvisazione, a partire dalla graduale formazione di dipendenti pubblici e mediatori culturali all’altezza delle sfide future. Vanno superati luoghi comuni e deformate paure, va impostata una seria politica dell’integrazione; molto spesso sentiamo dire che gli stranieri svolgerebbero mansioni che gli italiani non vogliono più svolgere ma mai ci chiediamo se talune altre siano effettivamente alla portata oppure impedite per carenza di fiducia o difetto di integrazione. È dunque essenziale procedere ad una certificazione delle competenze, a partire dai livelli essenziali delle prestazioni nel caso della prima accoglienza, di una formazione di più lunga durata evitando giungle di formatori improvvisati ma, piuttosto, istituendo un albo. Occorre una precisa definizione di “mediatore culturale” per essere davvero terra di accoglienza.
Allo stesso tempo, quella che va profilandosi con l’arrivo di circa mille nuovi cittadini stranieri annunciati dal Presidente della Regione, è una straordinaria occasione per sistematizzare il governo dei flussi, per favorire un più morbido impatto con le popolazioni dei Comuni lucani, per organizzare su una scala diffusa, maggiormente attenta ai destini personali ed ai diritti della persona, i nuovi arrivi di stranieri in Basilicata. L’Italia è un Paese privo di un suo proprio modello d’integrazione, anche solo di un’idea del possibile. La Basilicata, nella impreparazione nazionale, rischia di sperimentare una doppia via all’accoglienza, una relativa ai richiedenti asilo che individua nel sistema degli SPRAR una pratica da agevolare, l’altra tendente ad una dinamica allocativa del fenomeno, in centri a grande concentrazione.
In sintonia con le raccomandazioni emerse dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni del luglio 2014 si ritiene fruttuoso un progressivo ampliamento della platea dei soggetti ospitanti, favorendo altresì l’inserimento in una dinamica locale che vede la Basilicata invecchiare sempre di più, ampliando le esperienze di accoglienza diffusa.