Nel nostro lavoro L’oro nero che non si estrae, a maggio dello scorso anno, rilevavamo come i “due binari” del sistema di accoglienza italiano dei richiedenti asilo e dei rifugiati viaggiassero in direzioni non convergenti. In particolare, facevamo notare come il regime ordinario – lo S.P.R.A.R. del Ministero dell’Interno – fosse sottodimensionato rispetto al sistema dei Centri di Accoglienza Straordinaria (C.A.S.) di natura prefettizia1. Nel confronto tra i due modelli facevamo rilevare che mentre lo S.P.R.A.R., concepito in termini di sistema efficace ed efficiente (perché sottoposto a regole stringenti) di accoglienza, integrazione e tutela dei richiedenti asilo e dei rifugiati, può rappresentare un’opportunità per i territori, dal punto di vista economico, occupazionale, di ripopolamento inclusivo, i C.A.S. prefettizi rischiano di diventare luoghi chiusi, che favoriscono l’instabilità istituzionale e sociale per il mancato coinvolgimento degli enti locali nei processi di ospitalità e per il mancato controllo sull’utilizzo delle risorse impiegate nella predisposizione delle attività di accoglienza. Al termine del nostro lavoro, stigmatizzavamo le conseguenze più gravi di un’accoglienza siffatta – in alcuni casi persino le violazioni sistematiche dei diritti dei beneficiari – e ci esprimevamo, anche in ragione dell’allora vivace dibattito sui richiedenti asilo e rifugiati in Basilicata, in favore di una estensione sistematica degli standard S.P.R.A.R.2
È di pochi giorni fa la notizia, ripresa da alcuni organi di informazione, che riporta i numeri del bando S.P.R.A.R. 2016-2017, concepito per finanziare la predisposizione di 10.000 nuovi posti di accoglienza in comuni non precedentemente ricompresi nella rete del Ministero dell’Interno: alla ripartizione della integrazione del Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’Asilo (FNPSA) ha partecipato un numero non soddisfacente di enti locali, in grado di coprire poco più della metà (circa 5.000) dei posti finanziati3. Per la precisione, un simile dato ha comportato che, a oggi, in Italia ci siano circa 400 progetti territoriali S.P.R.A.R. a fronte di 3.050 C.A.S., poco più di 20.000 persone accolte nel sistema ordinario e 70.000 nelle strutture prefettizie. Un rapporto, insomma, che connota l’inesorabile prevalenza dei sistemi straordinari di accoglienza sul regime ordinario e sulle prassi che dovrebbero essere applicate nella maggior parte dei casi. Tale tendenza è tecnicamente ascrivibile alla mancata risposta da parte di comuni e province al bando 2016-2017 (sono gli enti locali a candidare i progetti di accoglienza), ma è evidente che un simile trend sia favorito anche da un mutato atteggiamento dei soggetti del terzo, gestori dei servizi di accoglienza, evidentemente “più propensi” a incamerare risorse da non rendicontare analiticamente, come avviene nella rete S.P.R.A.R., e sempre meno disposti a convivere con il sistema dei controlli stringenti e puntuali – sull’andamento dei progetti, sulla qualità delle strutture e delle forniture di vitto ed erogazioni monetarie, su aspetti amministrativi e contabili, sull’inquadramento degli operatori coinvolti nell’espletamento delle attività – da parte del Servizio Centrale del Ministero dell’Interno4.

IL “CASO BASILICATA”

In termini analitici, ciò che è avvenuto in Basilicata nei primi mesi del 2016 per la predisposizione di misure di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati rappresenta un riferimento e un caso di studio importante. Il territorio lucano (in particolare quello della provincia di Potenza), infatti, è stato interessato sia dalla possibilità di attivare progetti territoriali all’interno della rete S.P.R.A.R. – a valere sul bando 2016-2017, con scadenza 14 gennaio 2016, prorogata al 14 febbraio, come nel resto d’Italia5 – sia da un bando prefettizio, emesso dalla Prefettura di Potenza con scadenza 27 gennaio 2016, per la predisposizione di 904 posti di accoglienza nei 100 comuni potentini6.

Proprio questo bando era atteso, negli ultimi mesi del 2015, come l’ultimo atto di un percorso teso all’estensione degli standard S.P.R.A.R. anche alle accoglienze prefettizie. Il 29 settembre 2015, in effetti, la Regione Basilicata, l’ANCI di Basilicata e le Prefetture di Potenza e Matera avevano sottoscritto un accordo in tal senso e gli organi di informazione locali ne avevano ampiamente parlato come di una prassi esportabile anche ad altri contesti territoriali7.

In realtà, alla prova della lettera del bando, pubblicato il 23 dicembre 2015, i riferimenti a una estensione sistematica degli standard gestionali S.P.R.A.R. ai posti di accoglienza prefettizi erano risultati inesistenti o non chiari. In particolare, le uniche modifiche al sistema dei C.A.S. lucani erano previste nell’imposizione di soglie di accoglienza commisurate alla dimensione dei comuni – massimo 20 accolti in comuni fino a 5.000 abitanti, 30 accolti in comuni fino a 15.000 abitanti, 100 accolti in comuni fino a 100.000 abitanti – e nel “premio” attribuito a quelle proposte progettuali che avessero previsto metà delle soluzioni di accoglienza in appartamenti, invece che in grandi strutture. A dispetto delle previsioni, il bando della Prefettura di Potenza non prevedeva il coinvolgimento degli enti locali nella predisposizione dei posti di accoglienza (vero cardine dello S.P.R.A.R.), non immaginava soluzioni di gestione orientate all’autonomia dei beneficiari (ex art. 3 l’erogazione del vitto dovrebbe avvenire attraverso un servizio di catering anche in appartamento), non definiva regole per una rendicontazione analitica delle spese sostenute (altro caposaldo del sistema ordinario), all’art. 1 immaginava la possibilità di derogare alle soglie di accoglienza «qualora non si aggiudicassero tutti i 904 posti previsti da bando».

Alla scadenza del 27 gennaio, il bando della Prefettura di Potenza ha registrato la candidatura di proposte progettuali che hanno previsto l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in 30 comuni della provincia, per un totale di posti messi a disposizione che supera i 904 finanziati, anche se le previsioni del bando hanno prodotto le difficoltà prevedibili. In particolare, fra i 30 comuni interessati dalla predisposizione dei posti di accoglienza, attraverso una prassi che non contemplava il coinvolgimento diretto delle amministrazioni comunali, ve ne sono due – Potenza e Rionero in Vulture – in cui i posti messi a disposizione dai soggetti del privato sociale candidati eccedono ampiamente le soglie individuate dal bando: nel comune capoluogo sono stati candidati a finanziamento 365 posti di fronte a un limite di 100, mentre nel comune del Vulture sono stati candidati 90 posti a fronte di una soglia di 30 accoglienze massime8. A oggi non è dato sapere come la Prefettura risolverà lo stallo di una situazione siffatta, soprattutto considerato il fatto che un ricorso alla deroga sulle soglie comunali ex. art. 1 del bando comporterebbe una contraddizione rispetto a due propositi fondamentali dell’accordo sottoscritto il 29 settembre 2015 tra Regione Basilicata, ANCI e articolazioni territoriali del Governo: evitare le grandi concentrazioni di richiedenti asilo e rifugiati commisurando il numero di accolti alle popolazioni locali e “decongestionare” situazioni particolari (Potenza attualmente accoglie, in regime straordinario, circa 400 persone).

In una situazione simile, rappresenta un dato significativo il fatto che, in Basilicata, soltanto 3 comuni su 131 abbiano deciso di candidare un progetto a valere sul bando S.P.R.A.R. 2016-2017 per un totale di circa 60 posti (2 di questi hanno anche tenuto una gara ad evidenza pubblica per la selezione dell’ente gestore privato), ma è ugualmente significativo rilevare come anche soggetti del terzo settore (associazioni, cooperative sociali, fondazioni) “storicamente” impegnati nella gestione di progetti S.P.R.A.R. abbiano deciso candidarsi alla ripartizione dei posti di accoglienza prefettizi e non si siano impegnati nella progettazione sul sistema ordinario. Tale dato rappresenta una significativa mutazione nell’organizzazione dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in territorio lucano: i numeri sembrerebbero confermare la preferenza generalizzata verso un sistema di accoglienza straordinaria, meno strutturato e soprattutto meno controllato rispetto allo S.P.R.A.R.; di tale scelta sono sicuramente responsabili gli enti locali, che hanno deciso di disertare l’opportunità di candidarsi a entrare nella rete del Ministero dell’Interno, ma risulta evidente come anche il terzo settore lucano, in occasione di scadenze discriminanti, abbia compiuto una “scelta di campo” in favore della prassi straordinaria, indebolendo ulteriormente il modello dell’accoglienza integrata previsto dallo S.P.R.A.R.

A oggi, dunque, la configurazione delle accoglienze dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Basilicata resta sostanzialmente invariata rispetto a quasi un anno fa: su un totale di circa 1.800 posti a disposizione, soltanto 450 sono ricompresi all’interno della rete S.P.R.A.R.; il resto (circa 1.350) continueranno a essere organizzati e finanziati in regime straordinario. Ciò implica – anche considerate le disposizioni del bando della Prefettura di Potenza alle quali, presumibilmente, si uniformeranno quelle del bando in uscita della Prefettura di Matera, altro soggetto sottoscrittore dell’accordo del 29 settembre 2015 – la permanenza di una situazione di sostanziale “doppio binario” per l’accoglienza, l’integrazione e la tutela di richiedenti asilo e rifugiati in Basilicata, con conseguenze dirette sulle condizioni materiali di vita dei beneficiari, sulla loro integrazione nella società lucana, sulla coesione sociale delle comunità interessate dalla dislocazione dei C.A.S.

Al termine del nostro lavoro dello scorso anno, scrivevamo che «la volontà encomiabile di realizzare un’accoglienza dignitosa per migliaia di persone» avrebbe imposto che i “due binari” dell’accoglienza convergessero «sulla strada dell’estensione, quantomeno sostanziale, a tutti gli accolti degli standard dello S.P.R.A.R.»9. In caso contrario – affermavamo – ci sarebbe stata continua incertezza sull’efficacia degli interventi messi in campo per accogliere e includere, così come sul ritorno – in termini economici, demografici, culturali e occupazionali – che la presenza di immigrati genera sul territorio lucano. Ci sembra che, allo stato attuale e a dispetto del fatto che la Regione Basilicata considerasse per acquisita la creazione di un sistema unico di accoglienza, la distanza tra i “due binari” non faccia altro che allontanarsi, per responsabilità del pubblico e, molto più sorprendentemente, anche del privato sociale.

Donato Di Sanzo
Ricercatore Ires-Cgil Basilicata
Potenza, 09/05/2016

1 Cfr. D. Di Sanzo, G. Ferrarese, L’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Basilicata: cosa hanno prodotto cinque anni di emergenze e “doppi binari”, in G. Casaletto (a cura di), L’oro nero che non si estrae. Immigrati e petrolio in Basilicata. Problemi e risorse, Ediesse, Roma, 2015, pp. 59-62.

2 Ibidem.

4 Per un riferimento sulle linee guida dell’accoglienza all’interno del sistema S.P.R.A.R., si rimanda a http://www.sprar.it/index.php?option=com_content&view=article&id=146&Itemid=469

5 Il bando S.P.R.A.R. 2016-2017 è consultabile al sito http://www.sprar.it/.

6 Il bando della Prefettura di Potenza è consultabile al link http://www.prefettura.it/potenza/news/294369.htm

8 Il comune di Rionero in Vulture è anche fra i 5 che hanno candidato un progetto da 20 posti a valere sul bando S.P.R.A.R. 2016-2017.

9 D. Di Sanzo, G. Ferrarese, L’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Basilicata cit., p. 66.